LO SPORT ALLENA LA PSICHE

È importante che bambin* e ragazz* facciano sport? Certo, lo è. Come mai? Non solo (e già sarebbe sufficiente) per la coordinazione motoria, per rinforzare il sistema immunitario, per una sana crescita muscolo-scheletrica e una buona postura, ma anche – diciamolo pure, senza timore di cadere nella banalità– per la formazione del carattere. Noi nasciamo con tante capacità innate sia fisico-motorie che psico-sociali: tutte si affinano coi mesi, con gli anni, attraverso l’interazione con gli adulti di riferimento e con i/le coetane*. Oltre ad affinarsi, sia le abilità motorie che quelle psichiche (di autoconsapevolezza, cognitive, emotive, relazionali, ecc.) si modificano, e proprio su queste evoluzioni si appoggia la possibilità di crescere più o meno seren*, più o meno capaci di fronteggiare la vita con le sue variabili, impreviste e non. Quali risorse personali può attivare lo sport durante la crescita (ma anche se si è già adulti)? Tante e diversificate risorse. Ma qui vorrei segnalarne innanzitutto una: lo sport favorisce la tolleranza delle frustrazioni. Concetto un po’ fuori moda nell’epoca dell’immediatezza tecnologica dove un clic porta in mondi lontani, o una chat con sconosciuti si traveste da relazione amorosa o di amicizia. Concetto però da coltivare ancora, se ancora crediamo valga la pena trarre soddisfazioni dalla vita reale. La quotidianità ci pone a volte davanti ad accadimenti, o a scelte delicate, che possiamo sostenere solo se siamo allenat* a una certa dose di sacrificio (parola quasi tabù ormai) e se abbiamo imparato ad accettare che raccogliere frutti costa fatica, impegno, e richiede che ci si dedichi del tempo. Allenarsi per una gara, per una partita, per una nuova sfida personale, pone le basi per la comprensione del senso dell’attesa, della bellezza delle cose che arrivano pian piano, lavorandoci con passione e desiderio di raggiungere la meta. E proprio qui un altro trucco che i/le grandi sportiv* possono insegnarci: invece che sulla fatica, concentriamoci sulla meta e sulle tante, piccole e grandi, soddisfazioni intermedie che troviamo lungo il percorso, e sarà certo meno duro, ma addirittura più piacevole il cammino. Lasciamo che lo sport, mentre ci allena alla determinazione, alla pazienza, alla costanza, a credere in noi stess*, combatta la negatività della mentalità “im-possibilista” che recita “tanto non ce la farò”, che vorrebbe rinchiudere nei cassetti i sogni – e le azioni – dei/delle nostr* figli* colpevoli solo di vivere nell’epoca che mi sento di definire “del virtuale possibile e del reale impossibile”. Lasciamo che lo sport diffonda cultura di ottimismo concreto, da estendere a tutti gli altri campi del vivere, riportandoci nuovamente a “scuola di possibilità”!  

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